giovedì 25 febbraio 2016

Il senso del tuo ricordare e progettare


L'altra notte ho sognato il Maestro Ernst Knam.
Ero in una città sconosciuta, in un posto nuovo ma bellissimo, il centro medioevale di chissà quale paese dell'Italia.

Ero in gita da sola, a vedere un posto che mi piaceva, dove non ero mai stata.
Giravo con la meraviglia di un bambino al Luna Park, tanto per usare un paragone banale, il più immediato che ci sia, guardando sempre in alto, i merli dei castelli, i capitelli, le decorazioni floreali, zoo e antropomorfe, le nuvole che circondavano i campanili, come nella canzone di Bersani.

Felice e meravigliata.

Fosse per me visiterei sempre paesi con castelli e chiese, camminando per vie anguste, lastricate di pietre dalle dimensioni inusuali, fotografando angoli che immagino in bianco e nero illuminati magari solo dai fiori sulle finestre o sui balconi, figurando la vita di secoli fa.

Quello facevo nel sogno, quello che mi piacerebbe fare sempre.

Così, mentre inciampavo con naso all'insù, incontravo per sbaglio, in un angolo di un castello che stavo visitando, il re del cioccolato, sovrano del mio anno su questo blog: Ernst Knam.

Gli raccontavo il mio percorso, forse in cinque secondi di sogno, percepiti da me come una lunga conversazione di quelle tra padre e figlia. Che caso eh?

Gli raccontavo del motivo del blog, delle torte e di come erano venute, delle difficoltà incontrate e del percorso fatto nel mentre.
Poi gli dicevo che mi manca ancora una torta, lì, sospesa, indecisa e faticosa.
Faticosa perché non ho il maledetto trealosio, quello zucchero complicato che chissà se può essere sostituito con un "osio" a caso e faticosa perché trovarlo significherebbe sentirsi in dovere di fare la torta e salutare questo sublimante anno.

La solita domanda: sono pronta per chiuderlo o no?

Un concetto che forse avrò anche enucleato quelle sei o settecento volte, su questo blog. 'na cosa nòva, de quelle che dici "aho, hai rotto er cazzo e fa' sta torta! poi chiudi o lasci aperto, no?".

Se fossi semplice non sarebbe stato necessario fare un anno di dolci per chiudere un cerchio, no?

Lui mi stava ad ascoltare, serio.

Ho sempre visto il Maestro Knam come un profiterol, duro dal cuore tenero, uno di quelli che non lo sai finché non guardi cosa c'è dentro, se è buono o meno, di quelli che però lo intuisci che sono pieni d'amore. Severo il giusto, quello che serve per farti capire che ad essere Knam ci vuole fatica e non solo bravura ma capace di commuoversi se osserva una mamma abbracciare la propria figlia che non vede da tanto tempo.

Nel sogno mi sentivo io, la figlia che non vede da tanto tempo.

Alla fine di questa conversazione onirica, Knam mi porge una bustina con i 50 grammi di trealosio che mi servono per la torta, mi abbraccia piangendo e mi dice "così puoi finire quello che hai cominciato. Fai del tuo meglio".
Lo tengo stretto ancora un po', nel sogno, ringraziandolo commossa, poi vado via con la bustina, contenta di poter finire il dolce.

Tutto questo, sarebbe chiaro pure ad uno studente di psicologia che ha mutato in giurisprudenza perché negato, me sta a di' che lo devo finire, questo anno.

Lo devo finire perché i ricordi occupano lo spazio riservato al futuro e perché sì, anche se faccio questa torta e non ho chiuso il cerchio, verrà rotonda ugualmente.



Che il trealosio sia con me.


Ah, questa qui sotto è la foto della torta che mi manca, presa da "Bake off", il reality dove l'ha presentata come prova ai concorrenti. Non l'ho fatta io, chiaramente.

Si chiama "Giorgio", come suo figlio.


Per una volta vedrete come andrebbe fatta una torta e come verrà.



Er senso è: nun so sparita, sto a ariva'.

Grazie Maestro, anche per il sogno.













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